Come si analizza l’acqua: metodi e strumenti
Parlare di analisi dell’acqua può sembrare una cosa piuttosto semplice: si preleva un campione e si mette sotto al microscopio per individuare le caratteristiche e la quantità di batteri presenti. In realtà ci sono determinati metodi di analisi dell’acqua che devono essere ben rispettati e attraverso i quali si raggiungono risultati diversi.
Già nella fase di raccolta ci sono degli aspetti fondamentali da considerare che in caso contrario porterebbero alla perdita di importanti informazioni. Prima di tutto il campione di acqua viene raccolto in un contenitore di vetro, preferibilmente una bottiglia con collo smerigliato che si possa chiudere con un tappo. La bottiglia dovrà essere pulita e sterilizzata e l’acqua raccolta deve riempire solo parte della bottiglia, in modo che gli idrocarburi superficiali non vengano persi nel trasporto.
Nel kit a disposizione dei ricercatori non devono mancare gli agenti reattivi, che consentono non solo di limitare la creazione di nuovi batteri causati dal prelievo dell’acqua ma anche di capire le reazioni. Tra questi, quelli più usati sono l’acido cloridrico, il triclorotrifluoroetano, l’esadecano, l’iso-ottano, il sodio solfato anidro e la soluzione di riferimento di idrocarburi. L’apparecchio che viene utilizzato per svolgere l’analisi è lo spettrofotometro che deve rimanere acceso anche se ci sono dei periodi di inattività. Ovviamente nel caso in cui ci siano delle condizioni di contaminazione ben conosciute, sarà doveroso elaborare una taratura in base alle informazione che si hanno già, in modo da non falsare i risultati dell’analisi. Altro parametro da considerare è la vastità dell’area da analizzare che, per questo, deve essere misurata nel dettaglio.
I calcoli per l’analisi dell’acqua avvengono attraverso una formula prestabilita dove la concentrazione per mg/L di idrocarburi totali è data dal rapporto tra la quantità ricavata moltiplicata per il fattore di diluizione estratto e il volume del campione selezionato.
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